LA DONNA, UN BENE INVIOLABILE | 2C per Fatti e Misfatti

Sin dai tempi antichi l’uomo ha avuto sempre la convinzione di essere più importante e necessario nella vita rispetto alla donna, sia all’interno del nucleo familiare, sia in ambito lavorativo che nella società.

Le donne non avevano la possibilità di scegliere il proprio marito poiché non potevano uscire liberamente. Non potevano comprendere se quello fosse l’uomo giusto per loro fino al giorno del matrimonio e non avevano la possibilità di conoscere bene l’uomo che sarebbe diventato parte della propria vita.

Questo modo di agire era talmente naturale che non si avvertiva una discriminazione nei riguardi della donna, anzi, parlarne era impossibile, in quanto era ritenuto un argomento da non prendere in considerazione perché ritenuto da tanti un tabù.

Cambiano i tempi ma sotto molti aspetti la vittima di violenza fisica, sessuale, verbale, psicologica ed economica resta prevalentemente la donna.

Bisogna porre fine a tutte queste violenze consumate, a tutte le umiliazioni, offese, a tutte le libertà negate partendo dall’idea che, se una donna studia e diventa qualcuno di importante, o se, con le proprie capacità, conquista un posto di prestigio, non sta cercando di far sentire inutile un uomo, non gli sta rubando nulla, non sta cercando di essere migliore di lui.

E invece, a causa di pensieri sbagliati e della paura di perdere il proprio potere, l’uomo, insicuro di sé, maltratta, violenta e terrorizza colei che lo ha sempre protetto e amato, diventandone poi sua vittima.

Ogni donna ha il diritto di vivere la propria vita senza subire alcun tipo di violenza.

È importante che già da bambina o da adolescente ogni donna sia capace di riconoscere quando una spinta potrebbe trasformarsi in una tragedia, quando uno schiaffo o un rimprovero aggressivo potrebbero trasformarsi in una prigione di cattiverie e sofferenze.

È così che noi donne e uomini del futuro dobbiamo far capire alle nuove generazioni che questi comportamenti violenti verso le donne devono essere eliminati per sempre.

Viviamo in una società che si professa civilizzata, e ciò cozza ancora di più con la barbarie di questo fenomeno, che sta raggiungendo livelli di vera e propria urgenza.

Se consideriamo che la maggior parte delle donne oggetto di violenza, per paura di ulteriori ritorsioni, non denuncia i propri persecutori, ci rendiamo conto di come il problema, pur nella sua gravità, risulti drasticamente sottostimato.

In considerazione delle scarsissime denunce, sono altrettanto pochi i casi che finiscono in tribunale e per i quali si arriva a una sentenza di condanna.

Da uno studio effettuato dall’Istat in Italia circa 10 anni fa, emergerebbe che circa il 30% delle donne italiane ha subito violenza di qualsiasi genere nell’arco della propria vita, numeri altissimi che devono fare riflettere.

L’argomento è talmente diffuso, che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la giornata internazionale contro la violenza sulle donne per il 25 Novembre, perché l’attenzione pubblica sia focalizzata su un tema così tanto attuale quanto grave. 

La data scelta non è casuale, ma vuole ricordare l’assassinio di tre sorelle, uccise per aver contrastato, circa 60 anni fa, il dittatore della Repubblica Dominicana. 

L’occasione della giornata internazionale ci ha dato la possibilità di parlare in classe di questo argomento così importante e delicato. Abbiamo visto dei video ed avviato un dibattito in cui ogni mio compagno ha evidenziato come sia sbagliato fare del male alle donne, perché semplicemente è un atteggiamento da codardi. Inoltre, quando si ha una relazione non bisogna picchiarsi, perché i genitori sono un esempio per i bambini e questi imitano i genitori pensando che fanno cose giuste. Peraltro, se i bambini non riescono a discernere i comportamenti sbagliati dei propri genitori, in futuro potrebbero diventare dei bulli e utilizzare la violenza come modus operandi. I figli di padri/mariti violenti si sentono spesso a disagio con i loro coetanei e quindi raccontano cose false. Invece bisognerebbe fargli capire che chiedere aiuto non è vergogna e parlarne potrebbe aiutarli ad affrontare meglio il problema.

La violenza sulle donne è rappresentata da una serie di azioni, in cui la morte rappresenta lo stadio finale. Tutto ciò che si mette in campo prima di arrivare a questo gesto estremo distrugge ed annienta ancor di più la donna: mi riferisco alla violenza fisica, psicologica, verbale e allo stalking.

Vi è una forma di violenza subdola ed invisibile, la violenza psicologica, viene messa in atto attraverso l’umiliazione, la critica, commenti negativi volti a sminuire la donna, facendola sentire insignificante; il controllo degli spostamenti, dei social network, del telefono, della libertà personale ed economica; la svalutazione continua,  le offese, la mancanza di rispetto, le accuse attribuendo alla vittima la colpa dei propri attacchi di rabbia, dei litigi e del comportamento che il partner mette in campo, destabilizzando la donna attraverso la negazione dei fatti accaduti, sfinendola fino a portarla a credere di essere pazza; la gelosia patologica, i ricatti, l’isolamento.

Altrettanto importante è agire in maniera preventiva sugli autori di atti violenti ed i fatti purtroppo ancora oggi lo dimostrano: da sole le misure restrittive non bastano, contestualmente alle restrizioni bisogna adottare dei percorsi volti al recupero del soggetto in questione, lavorare sulla sua salute psicologica, affinché i meccanismi interni, i vissuti, le emozioni che inducono il soggetto a perpetrare un comportamento psicologicamente e socialmente inadeguato, vengano elaborati e superati. È necessario un supporto psicologico per il recupero della persona nella sua identità e dignità, così da restituire un cittadino alla comunità, in grado di badare a sé stesso e agli altri.

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