LA LUPA SONO IO: incontro con l’autrice KATIA TRIFIRÒ | 3C per Fatti e Misfatti

Il giorno 8 Novembre 2022 alcune classi dell’Istituto Comprensivo “Paino- Gravitelli” hanno partecipato all’ incontro con la prof.ssa Katia Trifirò, autrice del libro ‘La lupa sono io’: attraverso la lettura dell’opera verghiana, che ha preceduto l’incontro, agli studenti è stata data poi la possibilità di conoscere ed apprezzare la grande attrice Anna Magnani.

La scrittrice ha parlato prima della novella ‘La Lupa’, che racconta la storia di una donna emarginata dalla società che si invaghisce del futuro marito della propria figlia e poi dell’attrice Anna Magnani, che nel ’65 interpretò, appunto, la “lupa”.

La vita della Magnani, abbandonata dalla madre, non è stata semplice proprio come la vita della protagonista della novella del Verga. 

Fu quindi affidata alle cure delle zie e della nonna ma, nonostante l’affetto ricevuto, sentì sempre un vuoto dentro di sé nato dalla mancanza di un rapporto affettivo con la madre: iniziò a fare teatro proprio allo scopo di farsi notare da lei, che, nel frattempo aveva avuto un’altra figlia, che la Magnani chiamava “la mia sorellastra”. Alcuni dei film di cui la prof.ssa Trifirò ci ha parlato sono: ‘Mamma Roma’ e “Roma città aperta”.

Il primo narra la storia di una donna prostituta che, per amore del figlio, decide di diventare una donna rispettabile. Mamma Roma è un film del 1962 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini ed interpretato da Anna Magnani

Mamma Roma è una prostituta romana decisa a cambiare vita. L’occasione le si presenta quando il suo protettore, Carmine, convola a nozze e, di fatto, la libera da ogni legame di possesso. Mamma Roma ha un figlio, Ettore, ignaro della professione della madre, cresciuto nella cittadina di provincia Guidonia e per il quale lei sembra essere disposta ad atti di amore infinito. Donna di grande temperamento e di inesauribile forza, smessa “la vita”, con i soldi risparmiati, allestisce un carretto di verdura in un mercato di piazza e si trasferisce con il figlio in un piccolo appartamento alla periferia di Roma. Qui, secondo i sogni della madre, Ettore potrà ottenere il riscatto della propria condizione di sottoproletario e trovarsi un lavoro rispettabile.

Intanto, Ettore cresce nel nuovo ambiente, legandosi ad una compagnia di borgatari che organizzano piccoli furti. Si invaghisce di Bruna, una ragazza più grande di lui e con un figlio, un po’ facile ma non maliziosa, e con lei inizia una relazione. Per farle dei regali arriva a rubare i dischi della madre e a rivenderli; e successivamente per difendere la ragazza da uno stupro del branco dei ragazzi, rimedia un violento pestaggio. Mamma Roma viene a sapere della sua relazione e si indispettisce: vuole che il figlio aspiri al meglio. Decide dunque di muoversi, per procurargli un lavoro e per togliergli dalla testa Bruna. Va dal parroco e gli chiede aiuto per trovare un lavoro a Ettore, come servire ai tavoli in una trattoria in Trastevere. Ma il parroco le consiglia di mandare il ragazzo a scuola.

Allora organizza lei un ricatto ai danni del ristoratore: fa in modo che la sua amica prostituta Biancofiore lo adeschi e vada a letto con lui, per poi irrompere nella stanza col protettore di lei, in modo da mettere l’uomo con le spalle al muro e così riesce nel suo intento. Alla stessa amica chiede di avere una relazione sessuale col figlio, convinta che dopo questa esperienza il suo invaghimento per Bruna sparisca. Non paga, regala al figlio una moto. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, ricompare però il suo protettore, Carmine. La sua nuova vita e il nuovo lavoro lo hanno stancato e vuole tornare a sfruttare Mamma Roma. Per lei, che ha sempre nascosto il proprio passato al figlio, è un incubo che si materializza. Il protettore obbliga Mamma Roma a tornare a prostituirsi. Così, la donna inizia una doppia vita, di giorno al mercato e di notte sulla strada.

Quando viene a sapere da Bruna del mestiere della madre, Ettore rientra nel brutto giro della gang del posto e riprende a rubare. Arrestato per aver rubato una radiolina ad un ricoverato d’ospedale, morirà tra i deliri della febbre mentre è in detenzione, legato a un letto di contenzione, invocando la madre. Appena saputo della sorte del figlio, Mamma Roma corre a casa seguita da un gruppetto del mercato. Arrivata, si getta in preda alla disperazione sul letto di Ettore abbracciando i vestiti usati del figlio, tenta poi il suicidio gettandosi dalla finestra della camera del figlio ma viene fermata in tempo dal gruppetto che l’ha seguita. E desiste dai suoi propositi guardando la cupola della basilica di San Giovanni Bosco.

Roma città aperta è un film drammatico e di guerra del 1945 diretto da Roberto Rossellini, che col suo capolavoro raggiunse l’apice del successo.

È una delle opere più celebri e rappresentative del neorealismo cinematografico italiano. È il film che fece acquisire notorietà internazionale alla grande Anna Magnani (in una splendida e straziante parte finita in tragedia), co-protagonista insieme ad Aldo Fabrizi, qui anch’egli in una delle sue interpretazioni più famose.

È il primo film della Trilogia della guerra antifascista diretto da Rossellini, a cui seguiranno Paisà (1946) e Germania anno zero(1948). In virtù del suo grande successo, il film ha a lungo definito l’immagine dell’occupazione tedesca di Roma e della Resistenza romana nell’immaginario collettivo.

La pellicola venne presentata in concorso al Festival di Cannes 1946, dove ottenne il Grand Prix come miglior film.[2] Ricevette inoltre una candidatura al Premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale e vinse due Nastri d’argento, per la miglior regia e la migliore attrice non protagonista (Anna Magnani). È stata in seguito inserita nella lista dei 100 film italiani da salvare, nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”.[3][4][5][6]

3 Settembre 1943: gli Alleati sono sbarcati in Italia e avanzano verso Nord, ma ancora non sono giunti nella capitale, dove la resistenza è già attiva: tra questi Giorgio Manfredi, militante comunista e uomo di spicco della resistenza, sfugge a una retata della Gestapo e si rifugia presso Francesco, un tipografo antifascista, il quale il giorno seguente dovrebbe sposare Pina, una vedovaincinta di lui, già madre d’un bambino, il piccolo Marcello.

La sorella di Pina, Lauretta, fa l’artista in un locale insieme a un’altra giovane, Marina, legata sentimentalmente a Manfredi, che però vuole troncare la relazione. Don Pietro, il parroco locale, non nega mai aiuto ai perseguitati politici e fa da staffetta dei partigiani; egli è benvoluto e rispettato da tutti, compreso Manfredi, e riesce a passare facilmente attraverso i controlli dei soldati tedeschi e delle SS senza destare sospetti.

Manfredi sfugge a un’altra retata tedesca, mentre Francesco è tratto in arresto. Nel momento in cui Francesco viene caricato sul camion che lo porta via, Pina grida tutta la sua protesta cercando di raggiungerlo, ma cade sotto il fuoco dei mitra davanti a don Pietro e al figlioletto. Più tardi Francesco riesce a scappare e si nasconde, con Manfredi, nell’abitazione di Marina. Scoppiano i dissapori e cresce il risentimento della ragazza per Manfredi, tanto che Marina, per ottenere una dose di droga, tradisce l’uomo denunciandolo a Ingrid, agente della Gestapo al servizio del comandante Bergmann. Manfredi viene così arrestato durante un incontro con don Pietro ed entrambi sono fatti prigionieri. I due uomini sono sottoposti ad interrogatorio per ottenere informazioni sulla giunta partigiana, ma entrambi si rifiutano di tradire i combattenti. Manfredi muore dopo aver subito numerose torture, mentre don Pietro viene fucilato

Nell’ultima scena Marcello e i suoi compagni assistono alla uccisione di Don Pietro, quindi fanno ritorno mesti di fronte al panorama di una Roma illuminata dall’alba, adesso di nuovo nella quiete.

Durante l’incontro gli alunni hanno animato un vivace dibattito, in particolare facendo riferimento alla novella verghiana studiata in classe ed al controverso personaggio della “lupa”, il personaggio principale femminile, una protagonista molto diversa rispetto agli altri personaggi femminili dell’autore verista. 

La lupa è è ambientata in un piccolo paese in Sicilia. La protagonista è Gnà Pina, che viene soprannominata dalla comunità “la Lupa” per il suo comportamento ed il suo fisico molto sensuale. Le altre donne del paese osservano la lupa con un misto di invidia e paura tanto che, quando la vedono camminare da sola, arrivano a farsi il segno della croce.  

La figlia della Lupa, Maricchia, ha invece un carattere dolce e sensibile e soffre di solitudine poiché, a causa del comportamento della madre, è anche lei un’esclusa.

Un giorno la Lupa si imbatte in un giovane appena tornato dal servizio militare, Nanni. Il ragazzo lavora come bracciante nei campi vicino alla sua abitazione ed, in realtà, è innamorato della figlia della Lupa, Maricchia.

Gnà Pina, follemente innamorata del giovane, decide di dargli in sposa la figlia a una condizione: i ragazzi, dopo il matrimonio, si sarebbero dovuti trasferire a vivere a casa della Lupa. Il piano diabolico della Lupa si compie e, una volta trasferitisi a casa di Gnà Pina, questa proverà in tutti i modi a sedurre il marito della figlia, Nanni.  

Maricchia denuncia la madre alle forze dell’ordine che chiamano Nanni per interrogarlo: il ragazzo confessa l’adulterio e si giustifica dicendo che la donna era per lui come una tentazione dell’inferno. Le forze dell’ordine chiedono alla Lupa di lasciare la casa che condivide con la figlia Maricchia e Nanni ma questa non vuol sentire ragioni.

 Durante il lavoro Nanni viene ferito da un mulo e rischia la morte. Il prete, chiamato a dare l’estrema unzione al ragazzo, si rifiuta di farlo poiché Gnà Pina è ancora all’interno dell’abitazione. La Lupa decide così di allontanarsi per un periodo ma, al suo ritorno a casa, continua a provare a sedurre Nanni che, disperato, sembra quasi che voglia ucciderla. Un gesto brutale ed estremo che conclude la novella, lasciando, però, un finale aperto: la “lupa” è stata uccisa oppure no? Ai lettori l’ardua sentenza. 

Anna Arena

Classe 3° C

Plesso “Annibale Maria di Francia”

XI Istituto Comprensivo “Paino Gravitelli”